IL LIBRO
Secondo numero della collana “Per la Critica. La voce e la scrittura” fondata e diretta da Katia Migliori, docente di Storia della Critica e Retorica all’Università degli Studi di Urbino, è un raro testo di Gabriel Bounoure, saggista tra i più raffinati del secondo Novecento francese, dal titolo “Edmond Jabès, la dimora e il libro”, traduzione, conversazione inedita e nota critica della stessa Katia Migliori. Il libro ridisegna, attraverso lettere e appunti del critico Bounoure a Jabès, scrittore e poeta tra i più liberi e autentici della letteratura francese del nostro Novecento – come a suo tempo ebbe a dire Carlo Bo – il laboratorio poetico dello scrittore ebreo, l’esperienza della sua scrittura, la violenza del suo sradicamento dal deserto, la condizione del palestinese, nomade, senza patria, esiliato dallo stesso esilio. Tutti temi, purtroppo, che debbono indurci a riflettere sulla violenza della storia, che si ripete, a danno dei più deboli ed indifesi.
“Jabès scrittore e poeta tra i più liberi e autentici della letteratura francese del nostro Novecento. Testimone ma mai giudice della naturale catastrofe dell’uomo, lavora per un recupero: non per ‘creare’ secondo la leggenda antica ma per tenere accesa la luce della nostra coscienza: così forte e così umiliata.” (Carlo Bo)
“Che cosa significa appartenenza? La ‘Narrazione’ in Jabès è ‘tradizione’, è lingua di una appartenenza e, la ‘domanda’ come interrogazione è il trasferimento del nomadismo nella scrittura…” (Gianni Scalia)
“Tutti i razzismi nascono dal misconoscimento dello straniero che ciascuno è a se stesso. Jabès, ebreo senza religione e senza comunità, sente con angoscia la condizione del palestinese, nomade, senza patria, esiliato dallo stesso esilio.” (Antonio Prete)
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