Descrizione
il libro
Questo volume raccoglie contributi il cui contenuto si focalizza sulle figure femminili nel noir. Autrici, personag- gi, vittime e offender vengono qui indagate attraverso la lente della costruzione-decostruzione del ge- nere, la manipolazione e i linguaggi della violenza fisica e psicologica, il femminicidio.
Il gruppo Urbinoir vuole interrogarsi sulla responsabilità delle studiose e degli studiosi di crime fiction nel dibattito in corso sui femminili profes- sionali, sul linguaggio del corpo, sul «politicamente corretto». Vittime e assassine, poliziotte e dark ladies, le nostre «donne in noir» ci rivelano un territorio sconfinato fatto di realtà ro- manzesche e finzioni fin troppo reali.
le curatrici
Alessandra Calanchi
È professoressa associata di Lettera- tura e Cultura Angloamericane pres- so l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo. Nel campo della crime fiction ha scritto numerosi saggi e curato diversi volumi. È socia onoraria dell’Accademia Italiana di Scienze Forensi, per la quale coordina la sezione su “Letteratura criminale”. È membro del comitato scientifico del «Crime Magazine» e dell’European Crime Network. Dirige con alcuni colleghi la collana Urbinoir Studi.
Maria Messina
È cultrice della materia di Diritto Pri- vato presso l’Università degli Studi di Urbino, membro del Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi sulle Famiglie, Infanzia e Adolescenza e svolge attività di relatrice in seminari e convegni. Ha pubblicato articoli di ricerca su siti specializzati e riviste accademiche, tra cui “Fondi strutturali, l’Ue contro le frodi”, “La legge italiana sulle unioni civili. Riconoscimenti e rischio discriminazioni” ed è co-curatrice del volume Urbino Press Award. Dodici anni di giornalismo americano (2006-2017).
rassegna stampa
Leggere Donna n. 203 anno 2024 – Trimestrale informativo dell’Associazione culturale Leggere Donna
Vittima. Un termine che credo la maggior parte delle vittime non amino usare per definirsi. Il motivo? A nessuno/a piace sentirsi in balìa del destino, e meno ancora di una persona violenta. Ognuno/a di noi vorrebbe avere il controllo della propria vita: delle proprie scelte, delle proprie emozioni, degli eventi. Essere vittime significa essere visti/e in modo diverso dagli altri, significa mostrare al mondo la propria debolezza e, nel peggiore dei casi, sentirsi responsabili di quanto accaduto. Tuttavia, è necessario riconoscersi come vittime, poiché senza vittima non c’è un carnefice, un molestatore, uno stupratore o un assassino. Ci si deve rendere conto di aver subito una violenza ingiusta – psicologica, verbale, sessuale – e poi decidere di non soccombervi, ma di andare avanti.
dal contributo di Simonetta Badioli,
“Giustiziere”: sostantivo femminile plurale