IL LIBRO
Camminiamo, per esempio, sulle stradine imbrecciate che si inerpicano sulle pendici e tra i boschi del Monte Pietralata. Il pietrisco scricchiola sotto i nostri passi che cercano di evitare i solchi insidiosi dei canali per lo scolo dell’acqua. Se ci fermiamo, sentiamo il cinguettio degli uccelli e le cicale frinire. Magari raggiungiamo la sommità del monte e una brezza leggera fruscia tra i rami degli alberi al limitare del prato e muove l’erba formando delle onde su quel piccolo mare giallo-verde. Contempliamo in silenzio la natura silenziosa. Ma cosa c’è di naturale in queste stradine fatte dagli uomini per andare a prendersi la pietra rossa, la stessa di cui sono fatte le stradine sulle quali stiamo camminando, da una montagna perforata al suo interno da una galleria di oltre tre chilometri, dentro la quale passano decine e decine di veicoli proprio nello stesso istante in cui noi riprendiamo fiato durante la passeggiata e contempliamo la natura? Cosa di naturale in quei prati desolati nati dal fuoco appiccato dai nostri parenti di qualche secolo fa per togliere di mezzo un bosco e creare un campo da poter coltivare fino a quando ha smesso di essere conveniente e quindi abbandonandolo al suo destino di prato di scarto? Capita, in mezzo alla breccia delle stradine o dove l’erba diventa più rada, di scorgere delle pietre allungate fatte a scaglie che affiorano: ecco, quelle sono le ossa e il simbolo della montagna stesa ai nostri piedi.
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